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Map of Modon Corone (Koroni)        

Date più importanti:
1209 I Veneziani acquisiscono Corone.
1500 Il Sultano Bayazet II invade il Peloponneso (Morea) e costringe i Veneziani a cedere Corone.
1532 L'ammiraglio genovese Andrea Doria conquista Corone in nome dell'Imperatore Carlo V.
1534 L'Alleanza Cristiana decide di abbandonare Corone dove ritornano gli Ottomani.
1686 I Veneziani conquistano Corone.
1714 I Veneziani ritirano la loro guarnigione e gli Ottomani tornano per la terza volta.

Corone, che nell'antichità era un piccolo fortilizio, divenne una postazione militare di qualche importanza sotto i Bizantini. Fu conquistata dai Franchi nel corso della Quarta Crociata ed entrò a far parte dei domini di Goffredo di Villehardouin (1205) che con il Trattato di Sapienza (1209), cedè la fortezza ai Veneziani; la cessione fu più tardi confermata dall'Imperatore Michele VII Paleologo. Coronis, l'antico nome della città, significa corvo a causa di una statuetta di bronzo raffigurante l'animale trovata durante la fondazione della città.

Western view
La fortezza vista da occidente: sullo sfondo la penisola di Maina

I Veneziani chiamavano Belvedere il territorio attorno a Corone: ciò non per i bei panorami sul golfo, ma perchè aveva una agricoltura molto ben sviluppata: il paesaggio ricorda quello della Toscana per i tanti filari di cipressi.

Koroni
Lato settentrionale della fortezza

Corone e la vicina Modon erano chiamate gli occhi di Venezia perchè controllavavano un importante sezione della rotta tra l'Italia e il Levante. I veneziani rafforzarono le mura del forte bizantino: l'abitato si estese oltre le mura: la popolazione comprendeva diversi gruppi etnici.

Koroni
Mappa del 1695 e veduta della fortezza del 1692

Nell'agosto 1500 la fortezza fu presa dagli Ottomani (prima occupazione); molti abitanti fuggirono a Zante e Cefalonia.
Nel 1532 le flotte congiunte di Carlo V, del papa e dei Cavalieri di Malta sotto il comando dell'ammiraglio genovese Andrea Doria presero Corone per abbandonarla dopo soli due anni: con la guranigione cristiana lasciarono la fortezza 2,000 abitanti, per lo più di stirpe albanese (Arbereshe). Essi si sistemarono nell'Italia meridionale dove altre comunità di Albanesi si erano rifugiate. I profughi non dimenticarono mai la Morea e Corone come i loro canti popolari dimostrano.
O mia bella Morea
O mia bella Morea/come ti ho lasciato/più non ti vidi!/Ivi ho lasciato il signor padre/ ivi ho lasciato la signora madre/anche il mio fratello/tutti sepolti sotto la terra./O mio bel Peloponneso.
Il Lamento di Corone
Abbiam lasciato a Corone le nostre terre e i nostri beni, ma abbiamo portato Cristo con noi, o mia bella Morea! Rattristati e con le lacrime agli occhi soffriamo per te Arberia... Oh mia rondinella veloce quando ritornerai a Corone non troverai le nostre case, nè la nostra bella gente, ma solo il cane ottomano, possa egli morire! Quando la nave mise le vele al vento e più non vedemmo la nostra terra, tutti gli uomini con un sospiro e tutte le donne con un grido esclamammo: vai via fantasma, oh Morea, oh Arberia!

Main gate and winged lion
Porta principale e Leone di S. Marco

Nel 1685 i Veneziani sotto il comando di Francesco Morosini posero l'assedio alla fortezza; dopo poco dovettero affrontare una armata ottomana inviata al soccorso della fortezza; decisero di attaccare e sconfissero il nemico; poi misero sulle loro picche più di cento teste degli uccisi e le mostrarono ai difensori della fortezza, che tuttavia rifiutarono di capitolare. Un secondo tentativo ottomano di inviare rinforzi alla fortezza fallì, senza che per questo la guarnigione si arrendesse; quando infine la fortezza cadde gli assalitori non risparmiarono nessuno nè per il sesso nè per l'età: il Leone di S. Marco tornò sopra la porta d'ingresso della fortezza (oggi è posta sul muro di una strada vicina).

Northern bastion and olive-grove
Bastione settentrionale ed uliveto

La fortezza fu rafforzata dai Veneziani, ma quando nel 1714 una grande armata Ottomana invase la Morea, la consulta dei comandanti decise di trasferire la guarnigione di Corone a Modon, nella speranza di riuscire a resistere in questa seconda fortezza.

Churches
(a sinistra) Cattedrale (all'inizio Ortodossa, tre volte Cattolica, tre volte trasformata in moschea e infine Ortodossa di nuova): il campanile è costruito sul troncone di un minareto; (centro) cappella bizantina; (a destra) cappella ottocentesca del Resalto

Nel 1824 durante la Guerra d'Indipendenza Greca gli insorti tentarono di conquistare la fortezza scalando una torre sul suo fianco meridionale. Probabilmente pensavano di sorprendere la guarnigione turca, ma il piano fallì e quasi tutti gli assalitori perirono: la torre è oggi chiamata Resalto (forse perchè i corpi dei Greci saltarono giù). Una cappella è stata poi costruita sul Resalto in memoria dei caduti.
Nel 1828 il Generale Maison, comandante del corpo di spedizione francese inviato in soccorso degli insorti riuscì ad occupare Corone e trasferì altrove la popolazione musulmana. Non fu quello l'ultimo tragico atto che avvenne nella fortezza: nel 1944 durante la guerra civile che scoppiò in Grecia al finire della seconda guerra mondiale, la lotta per il controllo di Corone tra due fazioni portò al massacro di 1500 civili.
E' perciò assai opportuno che la parte interna della fortezza sia oggi occupata da un ampio uliveto e da poche chiese e dai loro piccoli cimiteri.

Eastern bay
Baia sottostante la parte orientale della fortezza e scale che vi scendevano

Estratto da Memorie Istoriografiche del Regno della Morea Riacquistato dall'armi della Sereniss. Repubblica di Venezia stampato a Venezia nel 1692:


Coron

In Belvedere, chè parte dell'antica Messenia Provincia più diviziosa del non men fertile Regno della Morea in distanza da Modon miglia dieci per terra, e venti in circa per mare al lato sinistro di Capo Gallo, da Tolomeo detto Acritas Promontorium, ha forte sito la Cità di Coron, già da Strabone, e Plinio collo stesso nome riconosciuta, per haversi nel cavar le fondamenta trovato una Cornacchia di rame, che da Greci Coronis è detta; per il che come pronostico di prospera riuscita, Corone la dissero, qual come seggio un tempo Episcopale, soggetta all'Arcivescovato di Patrasso, così altre volte fù Colonia de Tebani, chiamata dalli Poeti Pedasus, da Lauremberg Nisi, da Pausania Epea, celebrata dalle Storie delli più rinomati antichi, e moderni Scrittori.
Forma di se stessa un triangolo scaleno, trà un'angolo del quale guarda quella parte da terra, c'ha sopra rupe inalzata un ben munito torrione, già fabricato da Veneti l'anno 1463, gli altre due veduti, ma non bagnati dal Golfo, che pure di Corone s'appella, dano commodo margine di girar la Fortezza cinta d'antica muraglia non in ogni parte uguale, fiancheggiata da Torri, dalla quale pochi passi lontano in parte di Tramontana v'è un Borgo di 500 Case.
Nel corso de secoli bersagliata più volte da insulti nemici humiliò i suoi tributi a varie nazioni, al riferire di Baudrand dalli Despoti Principi della Morea fù ceduta al Dominio della Republica di Venezia, e il Verdizzotti ci persuade essergli stat assegnata in portione nella divisione del Greco Impero, all'hor che nel 1204 unita questa gloriosa Republica in lega ad altri Principi s'avanzò all'acquisto di quel soglio Reale.
Invasa nel 1204 da Leone Veterano di Nazione Ligurico, di professione Corsaro, restò avanzo de suoi indebiti trionfi, se bene con breve godimento, poiche non corse gran tempo, che fatto schiavo nell'Hellesponto, fù trasportato in Corfù, che strozzato da mano Carnefice, hebbe in trofeo delle sue ingiuste rapine una morte infame, qual pervenuta all'orecchio de suoi seguaci, si dispersero; ed avviliti gl'habitanti di Coron piegorno dopo lieve contrasto al comando de Veneti.
Baiazete Secondo Imperatore d'Oriente, che per ergere con trionfi più sublimi il proprio soglio andava nel 1498 in traccia de nuovi acquisti; portossi con poderoso Esercito sotto Modon, del quale impadronito, rivolse l'armi vittoriose a Coron, che l'ottene a patti di buona guerra.
Nel 1533 il Doria, al di cui comando ubbidiva l'Armata di Spagna composta di trentacinque grosse Navi, e quarant'otto Galee, per investirla ordinò lo sbarco di buon numero di militie Spagnuole, e Italiane; queste dirette da Girolamo Tuttavilla, e Conte Sarno; quelle condotte da Girolamo Mendozza; seguito l'ordine coll'aiuto di quattordeci cannoni, si diedero ad'un proficuo essercitio militare, a fine d'aprirsi con larga breccia comodo addito all'ingresso; non corrispose l'esito al generoso pensiere, poiche ostinati nella difesa i Turchi, sostennero gl'assalti colla mortalità di 300 soldati Christiani, guerregiando però con felice progresso dalla marina i Spagnuoli, occupate bravamente le mura dell'Isola, hebbero sorte di costringere, chi havea in custodia quel lato, ad'esporre bandiera bianca; onde usciti li Turchi, salve le vite, e le robbe in conformità delle capitolationi, v'entrarono di presidio quei del Mendozza; non molto dopo gl'Ottomani sul tentativo di ricuperarla, la bloccarono;per il che sofferendo il Presidio mal volontieri l'angustia, deteminò sottrarsi da queste coll'attaccar il Nemico; e se bene Maccian Novarese, che in luogo del Mendozza era destinato a reggerli, ostasse a tal resolutione, e collo sforzo maggiore cercasse divertirli; fù nulla di meno astretto ad'accudirvi; onde portossi con assoluta arditezza verso Andrusa col disegno d'azzuffarsi con Turchi, ch'ivi haveano stabilito il Campo numerosi di tre mille Fanti, trà quali v'erano compresi cinquecento Giannizzeri, comandati da Casan Agà.
Gionti pertanto i Spagnuoli per recar timore al Nemico, accesero il fuoco nelle stalle de Cavalli che furiosamente saltando per sottrarsi dall'incendio, svegliorno i Turchi, quali usciti alla difesa, e scoperto debole l'Esercito Christiano, l'investirono corraggiosi, attaccando sanguinosa battaglia, nella quale cadde estinto coll'armi alla mano il valoroso Maccian; perdita però vendicata con ferite mortali nella Persona d'Acomat Comandante Turcho, che non moòto dopo incontrò da una moschettata ancor egli la morte, à causa della quale raffredato il calore de suoi combattenti, servì di respiro a Spagnuoli, che con buon' ordinanza si ritirarono à Coron, ove imbarcatisi determinorno abbandonarla, essendo pure stata intentione dell'Imperatore, che s'absentassero, non curando impegni, che potessero difficoltargli la pace nell'Ungheria; partiti per tanto questi, ritornò novamente l'infelice Piazza sotto il barbaro giogo.
In calma di valide imprese aggitato da sentimenti gloriosi, attese mai sempre il Cavaliere Procuratore Francesco Morosini Capitan Generale della Republica l'opportunità di racquistar al natio Dominio que' ampij Regni in più volte da frode Ottomana rapiti al di lei Impero; onde riflettendo, che nella Morea coll'impadronirsi di Coron havrebbe progredito a più profittevoli acquisti, comandò nell'anno 1685, che spiegate le vele, si drizzassero le Prore a quelle spiaggie, ov'approdati, dopo lo sbarco di scielta militia, invigilò con celerità a piantarvi l'assedio, ch'appena stabilito venne dalla parte di Terra da grosso soccorso de Turchi frastornato a segno, ch'alloggiati questi nella sola distanza d'un tiro di pistola da Nostri, non solo invigorivano gl'Assediati ad'ostinata resistenza; ma divertivan'anco gl'Assediati dall'esecutione de più fini tentativi; con tutto ciò non trascurorono questi quell'operationi, che come più risolute poteano agevolare la presa, onde dato il fuoco ad'una mina di cento Barili di polvere, havrebbero eseguito l'assalto, al quale s'erano disposti, se dal volo di quella si foss'aperta la brecia; conobbero in questo mentre li Turchi l'applicatione de Nostri all'ingresso, che perciò con impetuosa mossa avanzatisi, occuparono un Bonetto, dov'accorsovi un Corpo d'Oltramarini, seguito da Dragoni, e rinforzato dalle Truppe Maltesi, dopo un contrasto di tre hore, non solo furono esclusi; mà rotti, e fugati; havrebbero incontrato il loro ultimo esterminio, se trà nascondigli non havessero ritrovato lo scampo; ritornati per tanto li Veneti col trionfo di diecissette Bandiere nemiche, ricchi di spoglie; alle loro trincee esposero per apportare horrore a que di dentro, sopra brandistochi 130 Teste de suoi; passavano frà tanto senza respiro ad'ogni più rigido esercitio militare le giornate, ne perciò piegavano alla resa que' Barbari incaloriti dalla speranza de nuovi soccorsi; in questo mentre venuti all'unione i fugitivi dispersi e pervenute per ingrossare il Campo nuove Genti dal Regno, e dall'Armata, deliberorno i più vigorosi sforzi per la liberatione della Piazza; ma il tutto in vano, mentre marchiando per superare le trincere degli Assedianti furono astretti retrocedere al tempestare della moschetteria, e granate, ch'inseguiti da un Reggimento, e da 200 Dragoni, colla morte di Calil Bassà Visir, seguì quella di 400 de suoi; s'avvide il Capitan Generale, che dall'insistenza nemica, qual con nuovi cimenti di fresche truppe mai sempre accresceva insofferenti le molestie, s'erano stancati i suoi, e conoscendo, ch'unico loro sollevo sarebbe il sloggiare dal Campo il Nemico, confortatili alla sofferenza, intrapresa la dispositione delle cose necessarie all'esito; disposto per tanto il tutto in ordine più proprio ad'appaggare con vivi effetti l'intento, si venne all'attacco, che seguito con esatta rettitudine, non solo sloggiò dal Campo gl'Ottomani; mà fuggitivi precipitosamente questi, incalzati da Nostri, vi lasciorno colle spoglie per lungo tratto i Cadaveri; riportarono da questo fatto ricco bottino i Christiani consistente in sei cannoni di bronzo, armi, munitioni d'ogni genere, apprestamenti militari, 300 Cavalli, Padiglioni, Bandiere, frà quali hà numero il generale stendardo, che freggiato delle Codi, indicava la superiorità del comando appoggiato à Mechumut Bassà direttore dell'Esercito, nella fazione già morto; sgravatisi dunque dall'ostacolo nemico in Campagna i Veneti, s'allestirono con ogni costanza ad'un assalto generale per l'acquisto della Piazza, all'esecutione del quale accinti dopo il volo di spatiosa mina sperimentarono nel sostenimento di tre hore estraordinario valore de Difensori, nel quale perse copia de nobili, e valorosi Guerrieri, si deliberò dar pausa al sanguinoso conflitto, qual non molto dopo rassunto, consigliò ne perigli gl'Assedianti coll'espositione di bianco segno capitolarne la resa; onde sospese l'Armi si diede adito a progetti; non s'espedirono i trattati, ch'essendo mancati di fede li Turchi per lo sbaro di due Fogade, e d'un cannone carico di Lanterne, opre hostili della perfidia Turca, obligò i Veneti ad'ultimare un così faticoso assedio di quarantanove giorni, poiche penetrato con gagliardo sforzo il recinto, nel calor della vittoria, trucidorno dopo il Presidio senza condonnar ne ad'età, nè a sesso quanti v'erano Habitanti, havend'acquistata la Piazza, nella quale trovarono 128 Pezzi di cannone, tra qualli 66 di bronzo, oltre le copiose munizioni di guerra, e di viveri.
In sì prolisso assedio varij occorsero alla giornata i successi, quali non potendosi addurre, ch'in volume, s'apportano solo i più memorandi, non per accrescere cordoglio a chi li legge, ma per recar ammiratione a chi gli apprende, l'uno è la morte del Commendator la Tour Generale di Terra della Religione di Malta, che nonpaventando cimenti, non temè di perder la vita; l'altro delli Principi di Brunsvich, e Savoia, che militando con indefesso valore, aumentorono in se stessi il corraggio in sentirsi colpir dall'Inimico.
S'aggionge per ultimo quello ben degno d'esser scolpito a caratteri d'eternità, accaduto nella persona del N. H. Francesco Ravagnin di età di anni 34 Fratello di Girolamo, che ne periodi infimi di sua vita, dopo d'haver con testamento lasciato memoria a suoi più cari, pregò istantemente non esser seppelito altrove, ch'in Coron, quasi che senza spirito, lui solo valesse ad opprimerlo.
Sbrigato un tanto faticoso impiego, spedì al Publico col trofeo del supremo Stendardo nemico distinti i ragguagli il Capitan Generale, quale conciliatosi l'applauso universale, ne riportò in compensa il freggio della stola d'oro, conferita nella Persona dell'Eccellentissimo Lorenzo Fratello.
All'avviso dunque di sì felice evento esultorno con atti di vivo giubilo i cuori nel petto à questi Popoli, che rimessi alla pia consideratione delle gratie, che in tanta copia S. D. M. ci compartisce, si disposero ai rendimenti, e perciò la mattina del giorno seguente calò con tutta la Signoria in S. Marco il Serenissimo, ove dopo solenne Messa si cantò il Te Deum, come pure s'è fatto in ogni Chiesa con la maggior veneratione, e solennità possibile.

Introductory page on the Venetian Fortresses

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You may refresh your knowledge of the history of Venice in the Levant by reading an abstract from the History of Venice by Thomas Salmon, published in 1754. The Italian text is accompanied by an English summary.