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Memorie Istoriografiche del Regno della Morea
Riacquistato dall'armi della Sereniss. Repubblica
di Venezia
Stampato in
Venezia nel 1692.
Frontispiece of the book
In this page fortresses in the Greek islands and mainland: in another
page fortresses in Morea
Isola di Corfù
Tra l'Isole dell'Ionio della Veneta Republica, tiene riguardevole luogo Corfù, qual è situata
nell'ultima parte del Golfo di Venezia bagnata dal Ionio. Anticamente li furono dati diversi
nomi, da Omero fù chiamata Scheria; da Climaco Drepano, che in lingua
Greca significa falce, da altri fù detta Efisa, Corinto, e da Poeti
Phenacia, da Macride nutrice, di Dionisio Macria, dal Porcacchi Effiso
da altri Cassiopea, Argos, Ceraunia, da Dionisio ne suoi comentarij fù
detta Corcyra, da altri Cercira, che finalmente dal volgo fù il nome mutato
in Corfù, ch'al presente ritiene. Benche non sia l'Isola più grande del Mediterraneo,
e però la più grande dell'Adriatico, essendovi stati habitatori Giganti. La sua lunghezza
secondo Plinio è di miglia 94, e come scrive il Volterano di miglia 97 italiani; non corrisponde
però tal misura à quella d'hoggidì più ristretta, e forse v'havrano incluso l'Isola di Paxo,
quale come registra il Paruta, era unita a Corfù; i terremoti la divisero per lo spatio
di dieci Miglia, come seguì all'Isole di Santamaura, di Cipro, e di
Sicilia. Al presente Corfù non è lungo, che settanta miglia da Ponente in Levante,
e largo dal Capo verso Ponente miglia 20, e da quel di Levante 12; in altri luoghi più e meno,
di maniera che tutto il giro è di miglia 120 e discosta per Levante da Capo d'Otranto incirca
miglia 60, da Venezia 700, da Tramontana per il Promontorio ov'è il scoglio della Serpe confina
coll'Epiro, lontana un miglio in circa, e per l'altro, che guarda a Levante è distante
miglia venti: questi due promontorij rinserrano trà la terra fermaun seno di Mare, che
communemente si chiama Canale di Corfù. E posta tra li gradi 39, e 41 di latitudine
settentrionale, e il grado 44, e 45 di longitudine, principiandola dalla aprte più occidentale
dell'Isola del Ferro. Hà la sembianza di falce, come s'è detto, la Città è situata nel mezzo sopra
un promontorio, che sporge in fuori. Di questa figura favolleggiano i Poeti, che Cerere
havendo richiesto a Vulcano la falce per donarla a Titani, ottenuta la nascose nella più
interna parte dell'Isola; mà poi dal continuo flusso del Mare corrosa, lasciò stampate le
sue vestigie nella Terra; più favoloso però è l'Interprete di Tineo historico, quale racconta,
c'havendo Saturno tagliato i gentali di Celo, ò pur Giove, quei di Saturno con la falce tosto
gettoli nel Mare, e che da loro nascessero due monti, sopra de quali furono con il tempo
fondate le due Fortezze inespugnabili di Corfù, ed acciò vivesse eterno questo fatto, prese Corfù
la forma di falce. E quest'isola divisa in quattro parti, che si chiamano da Paesani
Balie. La prima verso Levante è nominata Leschimo dal Marmora, Leuchino dal Porcacchi,
e Leucimme da Tucidide. La seconda dalla parte da Ponente è chiamata Laghiro, o Agirù.
La terza Mezzo; la quarta Loros, over Oros. Qualunque di questa hà i suoi distretti, e
territorij. Tutta l'Isola è occupata da un'aria ottima, come s'argomenta dalli Boschi
d'aranzi, e di cedri, ch'in abbondanza vi si coltivano. Hebbero ben ragione i Poeti
di celebrare cotanto gl'horti del Rè alcinoo, che quivi tenne la residenza, mentre il
terreno è molto fertile per le biade, copia di miele, e di cera, e della gran
quantità de vini, e d'oglio di singolar bontà; hà ancora dalla parte di Tramontana
molte belle pianure. Il primo territorio di Leschimo, in cui risplende qualche memoria
dell'antica, è Vescovale Città di Gardichi lontana due miglia dal mare di Garbino,
è famosa per un fonte, che scorrendo in fiume stretto, sbocca nel mare; le sue acque
servono al lavorio di numerosi molini: In questo Territorio vi sono 25 ville popolate
da dieci mille persone, benche la grossa villa di Potami, cosi nominata dal canale,
che la divide habitata da persone civili, e commode, chimare si possa villaggio. Quest'ha un canale
per cui navigano li Navilij al Mare. Il Territorio di Laghiro col nome ancora d'Agirù
è situtato a Ponente, abbondante ne campi di vitto humano; vi sono otto mille habitatori
in venti villaggi, e più ve ne sarebbero, se dagl'Africani non fosse stata demolita la Città
fondata sopra d'una Penisola, in cui al presente risiede un monastero di molti Religiosi,
c'hanno consacrato il Tempio al nome di Maria; la Chiesa si chiama Palio Castrizza, e il
Castello si nominò Angelo Castron, che nel promontorio Palacrù fondò Michiele Comneno
Imperatore, e hoggidì s'appella S. Angelo, il Terzo Territorio è Mezzo, in cui è posta
la Città di Corfù; a secoli andati un'altra maggiore ne rinserava, nel suo distretto.
In 60 miglia di dominio signoreggiano 30 Castelli, ò Villaggi, ch'assieme con la Città
capitale tengono venticinque mille Persone, il Quarto Territorio e Loros, over Oros
numeroso di 25 luoghi dentro il circolo di quaranta miglia populati d'otto mille anime;
il capo di questo anticamente era Cassiope, hor Cassopo Città famosissima. L'Isola non ha fiumi,
dalla parte però di Garbino v'e un fiume detto Mensogni, il quale sorge da un luogo,
dov'era la Fortezza chiamata Cardicchi; mà questo, come ancora gl'altri sono più tosto
torrenti, che fiumi. I popoli di quest'Isola quali fossero, varij sono i pareri, come si vede
nelle storie di Corfù del Marmora; hoggidì sono per lo più tutti Greci, e vivono conforme
il rito Greco. Nota Eustachio sopra Dionigi che l'Isola di Corfù fù già assai potente in Mare,
e nel tempo della Guerra de Persi contro la Grecia pose in mare trenta Galere armate.
Non solo per le storie de Greci, e nominata quest'Isola; ma anco per quelle di Tucidide,
narrandosi le battaglie della Morea, nelle quali i Corcirrensi intervennero molto spesso.
Si vede in Livio ancora, ch'essi furono con Q. Fulvio Flavo in armata a custodire la costa
di Calabria, e andarono a perseguitare gl'Ambasciatori Cartaginesi, quali da Annibale
furono inviati a fermare i capitoli della col Re Filippo di Macedonia, quali presi, e condotti
al Prefetto, furono mandati a Roma. Quest'Isola dominata molto tempi dalli Re di Napoli,
postasi in libertà dall'agitazione di quel Regno, si diede all'ubbidienza della Republica,
facendo prima consapevole Gio: Penefasco, ch'in quella Città era Console per i Veneti,
il quale portò l'avviso al Senato, e per quietare il Principe di Taranto, che pretendeva
ragione, gli fù inviato Pietro Compitelli, ò Campitelli Secretario, acciò gli rappresentasse
il pericolo, che seguirebbe, se quell'Isola cadesse in mano nemica, ed'offerendoli buona
somma di denaro, procurasse indurlo a contentarsi. L'Isola al riporto del Porcacchi
si fè vassalla alla Republica l'anno 1322; ma alli 9 Giugno 1327 Gio: Miani Capitan del Golfo
veramente la conseguì da Riccardo Altavilla, e da Gio: Alessio Cavalila; se bene il Marmora
asserisce ciò esser accaduto l'anno 1386, a 20 di Maggio, e lo ricava dalle scritture
autentiche estratte da quelli Archivij, il che seguì anco per opera, e consiglio
del Padre Maestro Giulio Vanello Conventuale di S. Francesco Predicatore celeberrimo, e
soggetto per la sua virtù, e bontà di gran concetto, e stima, nella dui cui Chiesa
di S. Francesco in quel tempo nominata S. Angelo, operò che il Miani prendesse le Chiavi,
e Possesso della Città, in memoria di che, fino il giorno d'oggi nella stessa si portano
assieme con tutto il Clero, li Pubblici Rappresentanti ogn'anno nel giorno sudetto di 20 Maggio,
a quali dal Reverendissimo Protto Papà viene ravvivata la memoria d'essa fonzione, e dedicatione,
e dalla pietà del Principe, sono stati assignati due ducati annui d'applicarsi in tanta cera
à quella Chiesa, per sola ricognitione di si grata memoria verso la Religione Serafica,
quali sino di presente quel Convento li conseguisce dalla fiscal Camera di Corfù.
In questa maniera fù posseduta fin l'anno 1401 alli 16 d'Agosto nel qual tempo Ladislao
Rè di Napoli figliolo di Carlo per lo sborso di trenta mille ducati la cedè libera alla
Republica. Si è sempre mantenuta a Veneti, da questi bene guardata, e custodita, perche
molto necessaria alla conservatione dell'Impero del Mare; mentre ha porti buoni, e capaci
di ricoverare l'armate con molto commodo, prossime alla difesa dell'altre Isole, e Stati
di Levante, impedendo all'Armate nemiche l'ingresso in Golfo, le quali non ardirebbero
passare avanti, lasciandosi alle spalle un'altra armata nemica in fortissimo sito; ond'à
ragione chiamasi per antonomasia Porta del Golfo, Antemurale d'Italia, Propagnacolo
contro de Barbari. In quest'ultimi tempi cresciuta la forza dell'Ottomano, la Republica
a beneficio commune della Christianità con edificij riguardevoli a sborso di gran danaio
hà fatto questa Fortezza inespugnabile; poiche nel mezzo circolo dell'Isola sporge in fuori
un scoglio sassoso sopra dicui è posta la Fortezza Vecchia, da tutte le parti
circondata dal mare, eccetto la sua fronte da terra, qual'è coperta da due Baluardi
con sua cortina, e buona fossa, che da mare a mare trapassa. Sott'à quest'è la Città,
a cui è attaccata la Fortezza Nuova inalzata sopra il monte S. Marco con infinita
spesa del del Publico per far fronte, e predominare l'altezza del Monte d'Abram, che vi stà
dirimpetto, del qual'ultimamente buona parte fù spianato. La Città che vanta
da Enea li suoi natali, hà il titolo d'Archiepiscopale. Sei Nobili Veneti vengono dalla
Republica mandati a reggerla, e durano in officio 24 mesi. Il primo hà titolo di Bailo,
il Secondo di Proveditore, e Capitano, il terzo, e il quarto de Consiglieri, uno che risiede
nella Città della Fortezza vecchia, l'altro nella Città; il quinto di Capitan Grande nella
Fortezza nova; e il sesto di Castellano del fortissimo Castello della Campana nella Città
vecchia. Nel 1537 vennero sopra l'Isola alla Campana della Città Vecchia 25 mille Turchi
commandati da Barbarossa per ordine di Solimano con 30 pezzi d'Artiglieria;
ergerono quattro Cavallieri, gl'armorono di cannone; mà per la distanza non poterono le palle
far brecchia nella muraglia; all'incontro l'artiglieria della principal Fortezza faceva
gran strage di Turchi; cinque Galee si sommersero, e quella del Barbarossa restò colpita da
cannonata. Fù mandato a Roma un'Estraordinario all'Ambasciatore Veneto, acciò rappresentasse
al Papa, ed'il Papa all'Imperatore, quanto danno havrebbe apportato la perdita di Corfù
a Napoli, alla Puglia, alla Sicilia, ed à tutta l'Italia, e ch'oprasse, che l'Imperatore
unisce cinquanta Galee, e cinquanta Navi, alte volte esibite contro il Turco, alle cento Galee,
alle Galeazze, ed'altrettante Navi, e tre Galeoni della Republica.
Agrradì il Pontefice tal'officio procurò tosto d'aiutare la Christianità; ma senza
frutto, ad'ogni modo la Republica fece fronte all'Ottomano, forzò li Barbari
ad'una vergognosa ritirata, rimanendo libera senz'altr'aiuto Corfù, Piazza di tant'importanza.
Isola di Lefkada
Da Tolomeo Leucas, da Strabone, Plinio, e Mela Leucadia sù detta l'Isola,
c'hoggidì chiamassi Lefcada, e di Santa Maura, posta nel Mar Ionio,
lungi da Ceffalonia nove Miglia, e 25 dalle Curzolari quale
cointegrata un tempo all'Achaia, fù da Paesani divisa, e ridotta in Isola, non molto
conservossi disgionta, poiche addunando impetuosi venti nell'intervallo in gran quantità l'arena
formorno un'Istmo, per quale riunissi: onde dicevasi Penisola: sciolta, all'Istmo già
rovinato, supplisce di presente un Ponte di Legno continuato sopra più Isolette separate
da piccioli canali; occupa per tantop l'Isola sito per circa 70 miglia di circuito, e è sì
fertile, ch'abbonda a gran misura ne raccolti consistenti in grano, vino, oglio, tabacco,
e fruttid'ogni sorte; contiene oltre Santa Maura, à cui è annessa, trenta Villaggi, de quali
si computano per principali Trini, Apolpena, Sfarchiotes, Caria, Azzani, Vrnica, Scuiro,
San Pietro, Engloni, Dragano, Englimento, che derelitti cogl'altri da fuggitivi Turchi
vanno populandosi di presente dalli Greci di Terra Ferma. Tiene molti Porti, che sono di
Demata, Santa Maura, Scivoto, Englimeno, Vallone di Vasilichi, de quali i più
considerati sono li doi primi. Hà in oltre una Placa naturale, che servì di ricovero alle
Galere, e Galeazze Venete in quest'ultimo attacco. Spinge parimente dal Continente the
Promontorij l'uno d'Angusci, gl'altri due d'Englimeno, e di Capo Ducato, ed'intorno
se gl'annumerano li scogli di S. Nicolò, di Sparti, di Scorpione, di Figlia, di Magnifici,
e di Sessola, nel quale trovansi in gran copia i Sorci, à causa di che, dicesi anco scoglio de Sorci.
CITTA, E FORTEZZA DI SANTA MAURA
La Città, e Fortezza di Santa Maura bagnata d'intorno dall'acque
del Mar Ionio è situata trà l'Isola Lefcada, e Terra Ferma, à questa
unendosi per mezzo di più Isolette congionte da ugual numero de Ponti,
con quella communicando parimenti per via d'un Ponte, e di ontuoso
Aquidotto di pietra lungo in circa un miglio, sostenuto da 360 archi:
hà verso Levante, una lingua di sabbia, che prologandosi in buona guisa forma
il Porto di Demata; alza le proprie mura in figura Eptagona irregolare con sopra angoli,
cinque Torrioni, che la fiancheggiano.
Eccitata piùvolte da martiali impulsi impugnò la Spada arditamente alla difesa;
mà poiche il Cielo non sempre secondò il suo valore, avvenne, che fù astretta hor
soggettarsi alla Luna della Tracia, hor umiliarsi al Leone dell'Adria. Fù nel 1479
combatutta, da Turchi, ed'in fine levata ad'alcuni Principi della Grecia, à quali
ubbidiva.
Nel 1502, comandate dal Generale Pesaro l'Armi Venete, non s'applicavano queste ad
impresa senza riportarne gloriosi i progressi; onde impiegate nell'espugnatione
di Santa Maura, così con ordine, e vigorosamente oprorno, ch'in breve
atterata ivi la Luna eressero lo Stendardo del glorioso S. Marco; cessò dall'una,
e l'altra parte l'hostilità, che però a Baiazete fù restituita per accordati di pace.
Divenuta da quel tempo nido infame di gente trista, e malvagia, si rese si insofribile,
che conciliatosi l'odio della Christianità tutta, udivansi concordi gl'animi a bramargli
l'eccidio, ad'augurargli rovine. Il Capitan Generale Morosini accudindo a sì giusti
desiderij, e riflettendo con religioso sentimento, non esser con degno ricetto a scelerati
un luogo, che porta la santità nel Nome, stabilì la distruzione di quegl'Infidi. Eseguì perciò
l'assunto con tanto calore, e fatti si urgenti, ch'in breve ne vidde il sospirato esito,
cederono i provetti Difensori, perchè stanchi d'infruttuosamente resistervi, conoscevano
imminente la lor caduta; in conformità alle capitolazioni, espurgorno la Città, uscendo
con quanto addosso portar poteano. E per tanto entrat'i Veneti al possesso di si importante
Piazza, dopo eretti gl'Altari a Dio, e rese al medesimo le gratie, la risarcirono ne danni,
l'augumentarono nelle Fortificazioni.
Isola di Cefalonia
L'Isola del Mar Ionio, ch'oggidì dicesi di Cefalonia, fù un tempo
chiamat Ceffo, ò Chieffali, attribuendol'i Greci tali vocaboli
per esprimerla, qual capo era dell'altre Isole, che nel medesimo Mare
s'attrovano. Quattro Città ritenne una volta, per il che gli fù
imposto il nome Tetrapolis.
Agl'antecedenti v'aggiunsero nonostante varij nomi gl'Auttori; one Plinio
la disse Melena, il Porcacchi, e altri Samo, over Same,
alcuni Dulichio, e Tilebi. Ella e posta tra li gradi
di Latitudine settentrionale 37, e 38, e di Longitudine 46, principiandola
dalla parte più occidentale dell'Isola del Ferro; secondo il Porcacchi
circonda 160 miglia; mà veramente la sua circonferenza e di miglia 170;
la sua figura è triangolare; de suoi angoli il più avanzato da Tramontana
è il capo Guiscardo, altrimenti detto capo Capra; da levante rimira verso
Chiarenza luogo della Morea, e da Tramontana l'Isola
di Corfù. Viene quest'Isola
da una parte con la punta Schinari di quella del Zante,
che discosta 18 miglia a formar il Canale propriamente detto del Zante, pessimo
per le borrasche; e dall'altra, ch'è da Capo Guiscardo sin'a Val d'Alessandria,
coll'Isola di Teacchi fà il Canale detto Guiscardo, che nella parte più stretta
è largo tre miglia. Hà moltiplici ridotti, in che ricoverar si possono
addaggiatamente Galee, anzi gross'Armata, perche di molto capaci. Val d'Alessandria, e
Porto Agostoli, ch'è il principalissimo, del quale si trattarà a parte. Val di Guiscardo,
e Val d'Asso, ch'ambi sono capaci di quattro Galee, ed'il Canale tutto è perfetto per dar fondo.
Dividesi l'Isola in sette pertinenze, chesono Argostoli, Liscuri, Finea, Erisso,
Pillaro, Samo, Lucatò, sotto de quali vi sono più Ville, e tuute grosse denominate dalle
Famiglie, che l'habitano; e la minore sarà di cinquanta Case: gl'habitanti tutti
sono bellicosi, e di sollevato ingegno.
Sottoposta all'Isola di Cefalonia è quell'anco di Teacchi, della quale pure si dirà
a suo luogo; e questa fertilissima d'uve passe, ove gl'Inglesi annualmente fanno il loro
carico, dal che ne ricava la Republica grosso provento; produce agrumi di straordinaria
grandezza; il frumento quale si semina tutta la Vernata hà il suo raccolto nel Mese
di Giugno; le Viti non troppo alzano da Terra, gl'Alberi per lo più fruttificano in
Aprile e Novembre; in questo Mese però restano degli primi più piccioli, in quale pure
veggonsi quantità de Narcisi, e Giacinti, ed'anco tutto l'Inverno son ordinarie le Rose,
e Garofani.
Il vento d'Ostro nel tempo d'Estate recca eccessivi calori, che vengono alle volte
mitigati dal vento Maestro.
E da un Proveditore N. V. governata, e due Consiglieri pur Nobili dal medemo dipendenti,
alternativamente un Mese per cadauno il Publico denaio riscuotono, e maneggiano, che
durano ambi nell'ufficio 24 Mesi; la sua Città, ch'è Episcopale, ha annessa la Chiesa
del Zante. Quel Vescovato fù instituito dal Marchese Rizzardo de Tocchis Principe
d'Achaia, e di quest'Isole il secolo duodecimo, al quale assegnò la Decima sopra
quantità de beni tanto nella Ceffalonia, che nel Zante, come parimenti nell'Isola
di Cefalonia, assegnò a Cannonici per loro entrate la Decima sopra molti Campi.
Scrive Strabone, ch'al tempo suo Caio Antonio, zio di Marc'Antonio, quand'egli
dimorò fuoruscito nella Cefalonia, dopo il Consolato, ch'egli amministrò in compagnia
di Cicerone suo collega, tenendosi tutta l'Isola soggetta, come se fosse un Podere suo
particolare, vi principiò ad'edificare, e habitar'una Città; ma non la condusse a
fine, perche fù chiamato dall'esilio, e convenne applicarsi a cose maggiori.
In Livio si legge, che Marco Fulvio Console havendo soggiogato gl'Etoli, passò in
Cefalonia, e mandò intorno a vedere se le Città dell'Isola volevano arrendersi volontariamente
à Romani, ò provar la fortuna della Guerra, à che tutte si sommisero fuor che Samo, qual
sostenne quattro mesi d'assedio; finalmente fù vinta, e saccheggiata, e i Samei venduti
all'incanto.
Nel 1224 Fù per atto solamente di stima, ed affetto donata l'Isola di Cefalonia da Caio,
che n'era Signore, alla Republica.
Nel 1479 Uscì da Gallipoli nel Mar Ionio una grand'Armata Ottomana,
invase Cefalonia, ch'era ritornata al Dominio di piccolo Principe,
e se n'impadronì.
Nel 1499 Congionta all'Armata Veneta, per ordine del Rè Ferdinando la
Flotta Spagnola, questa condotta da Consalvo valoroso Capitano, l'altra
del Generale Pisani sbarcorno nell'isola per sottomettere la Città, ch'era
presidiata da seicento Turchi. V'eressero un Terreno eminente: lo contraposero ad altro
fabricatovi dentro da Turchi; cominciaron con questo sormontato vantaggio a contenderli;
coloro soprafatti si ritirorno; e a quella parte, chese ne vidde il ritiro, corsivi
sotto incontinente i Christiani, e gli stessi Generali Pesaro, e Consalvo andativi,
continuò a tempestare il Cannone dall'alto; seguirono maggiormente i difensori a sloggiar
da muri; Marc'Orio Gapitano de Vascelli Veneti, e un Spagnuolo d'animo non inferiore,
seguiti da buon numero de Soldati furon'i primi ad appoggiarvi le scale, e à salire;
saliti spiegaronvi le bandiere; vi andò tantosto confluendo gran numero; tanti
montaronvi finalmente, che più non s'oservorn'i Turchi, ch'à fuggire, ad'esser inseguiti,
e uccisi; e rstò invasa, e presa tutta la Terra con tutta gloria, arrendendosi la Rocca
ancora il giorno dietro; subito il Pesaro non perdendo tempo si pose a
presidiare, e guarnir da per tutto; destinò Luigi Salamon al governo della Città; nella Fortezza
Giovanni Veniero; per tutta l'Isola Francesco Leone.
Mandò gran Nave al Iunco, perche intendendo esservi
colà concorsa gran gente ne trasportasse di quà nell'Isola qualche numero, per popolarla,
e renderla coltivata; altri d'altra parte v'andorno ad habitarvi volontariamente, e così
l'amenità del Paese crebbe, mutato infelice il governo.
Fortezza d'Asso
E l'importante Fortezza d'Asso, ò Nasso nell'Isola di Cefalonia fabricata
da Veneti nel 1595 per difesa di quelle genti incapace la Città di Cefalonia
a riccoverare tutte quelle dell'Isola nell'occasione di nemica invasione; ha il suo sito
sopra mont'altissimo, circondato dal mare, tutto dirupato, e scoscese, in modo tale,
che pochi, piccioli, malsicuri sentieri ponno godere li Passaggieri: ha una fortificatione,
anzi trincieramento accomodato all'inegualità del sito, in maniera che non v'è
parte fortificata, che sia regolare, anzi tutta ineguale, tortuosa, c'hà diversi ripiegamenti,
fatti sicuri dalla fortezza del sito. Hà una lingua di Terra di larghezza di venti passi
incirca, che la congiugne all'Isola, e per la quale si camina alla Fortezza, ch'in penisola giace, che
per esser separata solamente da semplice muro, fù altre volte proposto nel più
ristretto d'escavarla di buon fosso fiancheggiato.
Si numerano in essa 60 publiche habitationi, e 200 de particolari.
Alle radici d'essa v'è un Porto assai picciolo, ridotto per poco più ditre Galee,
che si và anco perdendo, perche al tempo delle pioggie corrono da monti Torrenti,
che lo vanno atterrando de sassi, e terra, al quale per la sua situatione non si può prestar rimedio.
Al Governo d'essa viene dal Maggior Consiglio di Venezia eletto un Patritio ogni trentadue mesi
con titulo di Proveditore, de quali il primo fu eletto del 1596 alli 23 Giugno.
Isola del Zante
Andò sempre fastosa fino ai suoi Natali l'Isola del Zante e per l'antico splendore
più che mai luminosa, qual giace nel Mar Ionio picciola di giro, chiamata da un
figlio di Dardano Zacinto, c'havea questo medemo nome; mà il tempo ch'ogni cosa
corrode, corrupe il vocabolo, restando il nome di Zante; alcuni però dicono
che fosse chiamata Zacinto dal fiore giacinto, che forse fù ritrovato in quest'Isola
florida, e deliciosa; riportano altri, che Gerusalemme s'appellasse, fondati nella
storia di Roberto Guiscardo Duca di Puglia, il quale risolvendo di visitare il Santo Sepolcro,
hebb'in rivelazione di dover morir'in Gierusalemme; arrivato in quest'Isola, e gravemente
ammalatosi, dimandò il nome d'essa; gli fù risposto chiamarsi Gerusalemme; per il che pensò,
che quell'era il termine del suo viaggio, com'in fatti di lì a poco morì. Hà da Levante quest'Isola
la Morea, dalla qual'è distante ottanta miglia; da Ponente confina
coll'Isola di Cefalonia, chese gli lontana dodeci; da Mezzo giorno
tiene la Barbaria con cui confina per cento cinquanta; da Tramontana hà in una parte la Morea
verso Castel Tornese per miglia sedeci, e un poco più a basso
guarda il Paese del Dichiamo, ove sono Natolicò, i Curzolari e Dragomestre, luoghi, che li sono
distanti più di cinquanta miglia.
Tutta l'Isola si divide in tre parti, in Montagna, Pedimonte, e Pianura. La Montagna principia
da Levante, ch'è dal Porto Chieri, e circonda tutta l'Isola verso Mezzo dì, e Ponente fin'alla
parte di Tramontana, havendo nel mezzo una bellissima pianura, detta Neruli,
che fù seccata l'anno 1673, coll'industria del N.H. Angelo Barbarico dalle
copiose acque, ch'in questa formavano tutt'il tempo dell'anno un ampio lago;
hora resta fertil, e deliziosa, lunga dieci miglia, larga 15, e confina
frà un Mare, e l'altro; alla falda della Montagna v'è la Villa di Chieri,
ch'il suo nome communica al Porto, dall'acque del quale in certo luogo
vicin'al Monte n'esce la pece nera, dicendosi, ch'anticamente ve n'era un lago
intero; vi sono parimenti le ville di Littacchiò, Pigadachita, Sculicado con
altre quattordeci appresso, i nomi de quali per brevità si tacciono.
Sopra la montagna vi sono le Ville d'Ambelo, Chilomeno, Agalà, San Leo, Santa
Marina, ed'altre al numero di nove, la più lontana di queste s'apella Volimes
verso Ponente, e è villa di più di mille fuochi. Son'alla montagna situati
tre Monasterij de Caloger-Greci, chiamati San Giovanni in Lanicada, la Madonna
Spiliotissa, o Anasonitra, e S. Giorgio di Grebani, ch'è il più grande,
e comodo situato dalla parte d'Ostro, e Garbino. Nella pianura, chè dalla parte di
Tramontana sono le ville Gaetani, Curculidi, S. Quirico, Farao, e San Dimitri.
Separate dalla Montagna grande già detta, sono due altre montagne, che circondano
tuttal'Isola, l'una verso Levante, l'altra verso Tramontana; sopra la prima
sono due ville Xerocastello, Lambetti, sopra la seconda quattro Geracario,
Bellusi, Calenzi, e Tragacchi. Un solo fiume detto la Caura è in tutta l'Isola,
l'acque del quale sono salmastre, mescolandosi con quelle della marina; v'è una
sorgente bellissima, e di tutta perfezione sotto il castello, poco dal mare distante;
ma così in ogni tempo abbondante, che le Navi tutte che navigano per Levante a
Costantinopoli, e Alessandria, si nell'andare, come nel ritornare si provedono
di quest'acqua per l'occorenze del viaggio. Dalla parte d'Ostro, e Garbino l'Isola
e tutta dirupata, da mezzo giorno e tutta ripiena d'alberi fruttiferi d'ogni sorte;
nella parte di Greco evvi un Castello eminente sopra del monte, che domina tutta l'Isola,
in cui stà il Rettore, ed'il Comandante: alla marina sotto questo monte è il Borgo,
che per lungo s'estende al mare due miglia; e s'allarga verso il monte per mezzo migli,
ove sono molte case abitate tanto da Cittadini, quanto da Mercanti, Artigiani, e Marinari; è
copiosa d'uve passe, de vini gagliardi, d'ogli perfetti, à
segno tale, ch'un anno per l'altro si cavano da ciascuna di
queste vendite cinquanta mille ducati; abbonda di frutti dolci,
di piante riguardevoli, al paragone d'ogn'altra, il porto de Chieri,
di cui s'è detta la sua denominazione, è atto a ricever ogni sorte
di Navi, Galee ed altri Navigli.
Dalla parte di Maestro v'è il Capo di Schinari col scoglio di S. Nicolò, in cui non
si può entrare con Vascelli ne grandi ne piccioli; ma solo vi s'entra per Levante,
impedendo la mancanza dell'acqua l'uscrirvi per Ponente. A Levante v'e la valle
delle Saline, dove le navi, e altre barche caricano li sali, e di più vicino alla Città
v'è un scoglio, che chiamasi frà Filippo, ch'al presente si dice trentanove; più innanzi al Levante
stà la punta Laugun, qual'è appresso la Città. Santa veronica fù la balia, che nutrì
la fede in quest'Isola, mentre colà capitatavi mostrando a que' Popoli il Sudario
di Christo, e predicandoli la sua Passione, convertili alla fede. La Republica
vi manda un Gentiluomo con titolo di Proveditore, e due altri con titolo di Consiglieri,
che durano tutti tre in ufficio ventiquattro mesi. Gl'habitatori ancor loro hanno un
particolar consiglio, dal qual'estraono coll'intervento del Regimento huomini,
che siano soprastanti alle vittuaglie, alla sanità, e a tutti gl'altri ufficij per governo
della Città, dacii, e altro; giudicano ancora in civile fin'a certa summa, essendovi
l'appelazione al Proveditore.
La maggior parte degl'habitanti sono Greci, che vivono al loro rito, essendo pochi gli Latini,
compresi anco i Soldati. Vi sono in circa mill'Hebrei, quali hanno tre Sinagoghe, vivendo
di traffichi, con i quali molto s'arricchiscono.
Questi Popoli sono più inclinati all'armi, ch'alle lettere; e quelli pochi, ch'applicano alle scienze,
fanno spiccare quella facondia connaturale agl'antichi Greci; in guisa tale, ch'attendendo
allo studio delle leggi, divengono in brevissimo tempo eloquenti Oratori, e bravissimi
Causidici. Frà di loro vivono con liti, risse, e inquietudini, quelli delle ville odiano i Cittadini,
la maggior parte de quali vive de traffichi; la Plebe più bassa de negozii maritimi, andando in
tempo di pace con le fregate per la Morea, e altri luoghi Turcheschi à guadagnarsi il vitto.
E soggetta quest'Isola à terremoti, che li levano quant'hà di buono, e bello: gl'anni decorsi
si fecero sentire in una notte sessanta volte, à quali precede un strepito terribile, ch'ordinariamente
dura un mezzo quarto d'hora, sentendosi rumore nella profondità di sassi svelti dalla terra, ed'alle volte
un puzzore sulfureo infetta le narici, quand'il terremoto è grande, soffia nell'aria un gagliardissimo
vento, perilche non vi s'inalzano fabriche di gran rilevo.
Resiede in quest'Isola un Vescovo, che dalla santa Sede è intitolato del Zante; mà nelle spedizioni del Senato
Veneto viene questo Pastore chiamato Vescovo di Cefalonia: fù questa Chiesa prima sogetta al Pontefice
Romano, fino che la Costantinopolitana hebb'il titolo di Patriarcato, qual'assistita dall'Imperatore,
soggettò tutte le Chiese della Grecia, e molte d'Italia. Nel tempo che diversi Principi occidentali
fecero lega contro gl'aggressori di Terra Santa, e contro l'Impero di Costantinopoli, ritornò all'ubidienza
della Chiesa Romana. Da questa fiorirono molti uomini illustri à causa delle rendite, c'havea il Vescovato,
le quali (come s'hà dall 'archivio) passavano la somma di sei mille scudi, perilche haveano i Vescovi
campo d'opporsi, e coll'ingegno, e colla forza alli sudditi inquieti. Due Vescovi di questa Chiesa
furno successivamente al Concilio di Trento, e valorosamente fecero pompa della loro virtù;
il primo fù Gio: Francesco Comendoni, che morì nel detto Concilio, e Pietro Delfino Nobile Veneto,
che li successe, le Chiese Parochiali di Greci, con quelle della Città, del Castello, ed'altre fondate per devozione,
saranno incirca quarantaquattro; nella Cefalonia, per essere popolata di diversi Castelli,
molte ne sono. Nella Città se n'attrovano quindeci, havend'ogn'una un semplice Altare, la Tribuna del quale guarda
verso l'oriente, ornato con pitture pur greche, non permettendo i Greci ne loro Tempij Immagini scolpite di rilievo;
l'Altar'è di pietra chiuso con cancelli, non potendovi entrar'i laici, ne femmine mestruate; alle Donne poi dopo c'hanno partorito,
prima della lor purgazione, e d'haltri huomini publici in qualche vizio, se gli proibisce l'ingresso alla Chiesa, il che
viene da que Popoli hoggi trascurato. Quando muore l'Arcivescovo tutt'i Parochi Greci, chesono molti, s'adunano, e per uso
antichissimo permesogli dalla Santa Sede con secreti suffragi n'eleggono un'altro; questo non hà alcuna entrata certa, ma
vive di ciò si ricava da tributi annui, che gli vengono donati da Greci, come di frumento, ed'altro, e dall'ordinazioni ne ricevono
grand'emolumento; onde frà una cosa, e l'altra, ne ricava grosse rendite. Per esser' eletto Prelato, è d'huopo il professare
la vita Monastica di S. Basilio, chè la cagione, chin quest'Isole vi sono molti Monasterij di tal Religione, il principal'è
ne scogli, che volgarmente si chiamano le Strofadi quale tiene molt'entrate nel Zante, e Cefalonia,
tenuto da Greci in somma venerazione, stante ch'i Monaci d'esso vivono allontanati dal consortio del secolo. Questi Monaci
Basiliani s'astengono dalla carne tutt'il tempo dell'anno, dispensati solo in caso d'infermità; e tre giorni della settimana,
cioè il Lunedì, Mercordì, e Venerdì non si cibano ne meno de laticinij, pesce e oglio.
Quattro Quaresime fanno all'anno; la prima è quella di Pasqua, ch'e la piu grande, chiamata i megali tessaracosti, che
dura sette settimane, nelle quali non gl'è permesso mangiare ne pesce, ne oglio, fuori, che doi giorni della settimana,
cioè Sabbato, e Domenica, eccetto il Sabbato Santo, cibandosi solo di qualche pesce senza sangue, com'ostriche, seppe,
pesce molo, caviale, bottarghe, e hanno però licenza di mangiar pesce doi altri giorni, cioè il 25 Marzo, giorno
dell'Annunziatione chiamato Evangelismos, purche questo giorno venga avanti la settimana Santa; l'altro e la Domenica
delle Palme detto, tou vaghiou.
La seconda Quaresima e d'Agioi Apostoli in honore degli sant'Apostoli, quale dura dal Lunedì dopo l'Ottava
dalle Pentecoste sin'alla vigilia di S.S. Pietro, e Paolo; di modo che qualch'anno e lunga tre settimane, e qualche volta più.
La terza si chiama tis agias Parthenon dedicata all'honore della Madre di Dio, quale dura dal primo Agosto
sin'alli 15, nella quale ne pure mangiano pesce, se non li 6 Agosto, ch'è il giorno della transfiguratione di Giesù Christo
da loro solennizato, e detto Metamorphosis tou sotiros.
La Quarta viene detta ton Christogenon che comincia 40 giorni avanti Natale, cioè li 15 Novembre, e continua
fin'alli 25 Decembre, nel quale possono mangiar pesce all'eccetione delli Mercordì, e Venerdì.
Li Caloieri però hanno oltre queste quattro Quaresime, altri tre digiuni, il primo avanti S. Dimitrio, che dura 20 giorni;
il secondo, che comincia il primo Settembre, e dura 14 giorni avanti l'Esaltatione della Croce; il terzo otto giorni avanti
la festa di San Michiele; oltre di ciò tutti li Greci osservano li Mercordì, e Venerdì di tutto l'anno, e qualch'altro, chè più
rigoroso anco il Lunedì; ancora il giorno della Decolatione di S. Giovanni Battista, e il giorno dell'Esaltatione della
S. Croce in questi giorni si fà rigoroso digiuno; nulladimeno però tutta la settimana dopo Pasqua, e quella dopo le
Pentecoste, e dodeci giorni interi dopo Natale, e una Settimana avanti la Quaresima grande mangiano carne. Altre
tre vigilie solennizano trà l'anno, quella dell'Epifania, chesi chiama Paramoni nella quale si battezano il Mare
con gran cerimonia: la seconda, è la Vigilia di S. Gio: Battista, e la terza della Croce nelle quali gl'è proibito mangiare
anco pesce. Di modo che gl'altri Greci pure, che non sono Monachi gl'è vietato mangiar carne, fuorche 130 giorni incirca
dell'anno. I Monasterij di Monachesono tutte di rito greco; e se qualche d'una vi fosse latina, che volesse monacarsi,
bisogna professi il rito greco; è concesso à tali Monache nell'occorrenze visitar Parenti infermi, e vagare per la Città
(cosa contraria alla religiosità) vivendo senza clausura. In quest'Isole non v'e hospitale di sort'alcuna; nel Zante
vi sono due picciole, e povere case, una per gli huomini, l'altra per le donne, governate da Cittadini del luogo,
dove si ponevano i fanciulli illegitimi; mà adesso non v'è alcun vestigio. V'habitano ancora molti Eretici, la maggior
parte Inglesi. V'albergano parimenti in quest'Isola diversi Atheisti, vi sono quattro Conventi de Regolari, uno de
Predicatori; due de Minori Conventuali, un'al Zante, e un'alla Cefalonia, e uno de
Minori Osservanti nel Zante, non compresa la Parochia d'Argostoli, che per esser Iuspatronato del
Serenissimo Principe è consegnata à detti Minori Osservanti. Stanno volentieri questi popoli sotto l'Impero della Republica;
si perche con grossa armata lo difende dall'incursione de Turchi, come perche gl'è permesso praticar i riti greci,
da quali vantano la loro origine; l'Isola è copiosa de frutti, e nell'abbondanza non invidia alcuna delle circonvicine.
Nel 1350 dice il Caroldi, che fosse il Zante comprata con altre Isole da Roberto Principe di Taranto.
Nel 1571 fù saccheggiata da Vluzzalì Passà, qual disolò la campagna, maltrattò l'Isola.
Cerigo
Quell'Isola, che da Ponente è la prima dell'Arcipelago, hoggidì Cerigo communemente detta,
altresì Tolomeo Cytherea dal nome di Cithero figlio di Phenice chiamola; Porphirusa
Aristotele dalla copia de porfidi, de quali abbondan'i suoi Monti, la disse; e altri finalmente Scothera l'addimandorno.
Questa è dirimpetto del Golfo Laconico non dilungata dalla Morea, che soli cinque miglia,
dall'Isola di Candia quaranta, e sessanta n'hà di giro: più
scogli se gli veggono d'intorno, più porti alle bande
gli s'annumerano: à mezzo giorno evvi quello della Fortezza, che per essere poco recipiente, e assai esposto à venti,
non è molto considerato; l'altro, ch' è di quà dalle Dragoniere lungi dalla Fortezza dodece miglia, oltre
l'esser abbondante d'acqua, e sicuro, è anco capace di grossa armata, ammirandosi in oltre escavato dalla
natura un picciol seno à foggia di Darsena, (che può chiudersi a catena) bastevol'à ricevere quaranta Galere,
ove pur'evvi una Chiesa col titolo di San Nicolò, senz'esservi alcun'habitazione. Verso Ponente 25 milglia lontano
da questo v'è un'altro Porticello detto San Nicolo de Modari per Galeotte, e Barchette, dove parimenti è una
Chiesa di S. Nicolò; abbonda quest'Isola di selvaticini, penuria di frumento, vino oglio; onde l'usual al vito non
si compra dagl'Abitanti, ch'à caro prezzo; hà molti Villaggi; mà di poca, ò nulla impotanza.
Vi sono alcuni Monasterij de Ieromonaci, e Callogeri, trà quali uno sopra rupe al lato destro della Fortezza,
alla qual'è vicino detto S. Giovanni della Grotta, scavato à forza di scalpello, che se bene sij di difficoltoso accesso,
v'ascendono nulladimeno a discrezione del tempo ogni notte què Religiosi per adempire con Dio i loro Voti; i macigni
del Monte, ch'à questo luogo sovrastano, inhorridiscono; poiche in positura cadente pare di continuo minaccino rovine,
non ostante gl'Abitanti v'hanno gran devozione per la credenza, che tengono, che S. Gio: quivi cominciasse la sua Apocalisse.
La Città, che col nome stesso dell'Isola appellasi, vanta titolo d'Episcopale, e per esser erta sopra sasso, gode ne proprij vantaggi
circostanze, che la rendono del tutto forte, servendoli in oltre dalla parte del Mare di fido riparo, di vigilante custodia, gran balza munita
di cannoni, assistita da militie.
La Republica di Venezia dalla divisione del Greco Impero ne ritiene sopra fin'al presente il Dominio: onde in
qualità di Castellano, e Proveditore trasmette ogni ventiquattro Mesi un suo Nobile. Tentò Selino con poderosa Classe
comandata da Halì unito a Portaù l'acquisto, che ben tosto si ritirò conosciuto vano l'assunto.
In quest'Isola altri affermano, che sortisse i Natali Venere, altri asseriscono, che dopo nata, pervenutavi da primi anni
v'habitasse; onde riconosciuta quivi come Dea v'eressero dalla parte di Levante un Tempio col nome di Citerea, era in questo scolpita
la sua immagine in sembianza di vaghissima Donzella, che stringendo nella destra marina conchiglia, scherzava à nuoto coll'onda salsa:
purpurine rose in gran numero l'adornavano, e candide colombe volandogli d'intorno dimostravane secondarla nel moto: trè
fanciulle mentovate le trè gratie unite à mano, gl'Assistevano innanzi, due in atto di drizzargli in volto, l'una il dorso:
Cupido pure il cieco suo figlio gli stava d'avanti armato d'arco, da quale scoccato il Dardo, piagava Apollo. A questo Tempio vi pervennero in uno
Paride figlio di Priamo Rè di Troia, e Helena laa più bella di tutta la Grecia, ch'unitisi negl'amori, acconsentì la vaga
d'esser rapita dall'innamorato Garzone, dalla qual nacque l'eccessivo sdegno di Menelao, che concitò la Grecia tutta
agl'incendij, e ruine di Troia.
L'Isola non è di molta estensione, non contandosi in essa che migliaa 60, non ostante però era di tal'importanza à Spartani
quando la possedevano, che serviva di riparo à quella Metropoli, e d'asilo alli Navigli tutti, che ritornavano
dall'Egitto, alla quale ogn'anno per il governo militare, e politico v'eleggevano un Preside, e l'anno ottavo
della Guerra del Peloponneso, havendogliela gl'Ateniesi tolta, furono necessitati li Spartani per riparare dall'invasioni Nemiche
il loro Paese privo senza quest'Isola d'alcun riparo, furono necessitati presidiare le Piazze vicine.
Egena
Egena è Isola posta lungi dalle spiaggie d'Atene 18 miglia,
da Porto Leone venticinque, dall Morea dodeci, e sa Culuri
vent'uno; quale Strabone chiama Egina da Egina madre di Eaco, che fu figliuola d'Aspo,
Boudrand Aenone, Brietio Myrmidonia, e li Naviganti Engi.
Questa, che circuisse 36 miglia, non hà tutto ciò porto per Vascelli, obligandoli
à dar fondo trà Angistri, e Dorusa; overo tra essa, e Moni, il che facevasi dall'Armata Veneta durante le Guerre di
Candia; quivi s'attrovano Pernici rosse in numero si grande, che son'astretti
gl'Isolani uscir'in Campagna la Primaverra alla distruzione dell'ova, affinche non naschino qui gl'uccelli
a pregiudicio del seminato.
D'antichità altre vestiggie non appaiono, che due Tempij, uno de quali a Settentrione dell'Isola, vien
creduto dà Pausania il già consecrato à Venere, l'altro essistente in un Bosco sopra collina di vago,
e delitioso aspetto, è il Tempio eretto a Giove da Eaco primo Rè di quest'Isola; veggonsi parimenti
con suoi Architravi venti colonne Doriche cannellate, con gran simetria disposte; la Città,
che pure Egena chiamavasi, freggiata un tempo col titolo d'Episcopale sotto l'Arcivescovato d'Atene,
e famosa per li natali di Paolo Medico, giace hoggidì ristretta in picciol Borgo, unita alla Fortezza,
qual mai fù considerabile, che per l'eminenza del sito sopra rupe di disastroso accesso, d'onde
si scuoprono molt'Isole nell'Arcipelago fin'ad Antimilo.
Fù di questa Isola Duca, Galeotto Malatesta, che sposò la figliuola d'Antonio Rè di Beotia,
qual poi pervenne sotto il Veneto Dominio; mà penetrato Federico Barbarossa l'anno 1537 nell'Isole
dell'Arcipelago, s'avanzò questi all'acquisto d'Egena, parendogli forse di poca riputazione l'altre imprese,
se non v'accopiava il trionfo di quest'Isola all'hor feconda di numerosi Abitanti, e ben difesa da Francesco
Sorian, dal quale come da ministro della Veneta Republica era governata.
Coll'isperimentata prudenza, e saggia direzione commandava nel 1654 l'Armi Publiche in qualità di
Proveditore Francesco Morosini, che portatosi nell'Arcipelago per estraer contribuzioni, e rinvigorir
le Galee, conosciuta Egena nido, e ricovero de piccioli legni barbareschi, che con breve navigazione
passar doveano alla Canea, quand'il tempo lo permettea, e ritrovata
negl'Isolani poca propensione all'ubbidienza, anzi ferma volontà di non eseguire l'impositione,
conobbe espediente reprimere la loro audacia: Fece per tanto sbarcar le militie, ed'intrapreso l'attacco,
estinse frà poco il calor di Difensori, stringendoli rendersi à discrezione; onde dat'il sacco, e demolito
il rimanente, furono impiegati al remo trecento de què Greci, e quaranta Turchi.
Porto Lione
Porto Lione cosi detto da un leone di Marmo di piedi dieci d'altezza, posto sù le rive
del di lui fondo, chiamato dalli Greci moderni Porto Draco: da Cicerone, e Strabone Piraus Portus,
detto anche Athenarus Portus è situato alle sponde Settentrionali del Golfo d'Engia.
L'ingresso di questo Porto è assai streto, perchè sopra vi ponno passare due Galere assieme; il di dentro
però è di bonissimo fondo, eccettuata una picciola parte, che forma quasi un seno, che pare fosse destinato
per Darsena per alloggiare Galere: e capacissimo di quantità di Navigli, e Pli: lib.7 cap. 37, scrive, che conteneva
mille Vascelli, e Strabone 400 e il Portolano del Mediterraneo in folio lo mette capace di 500, dandoli
dieci braccia di fondo. Spon però accreditato Auttore dice, che li nostri Navigli, essendo maggiori di quelli
degl'Antichi, non sarebbero ricevuti di quaranta, ò cinquanta al più.
Il maggiore comercio, che in questo Porto si fa, è il carico di Valonia, e lana di Capra.
Avanti, che Temistocle fosse Principe degl'Ateniesi non era questo il ricetto delle loro Navi, ma il porto
Falero, percioche quivi, il mare era pochissimo lontano dalla Città d'Atene, e però quest'era la stanza
delle Navi loro; e di quì dicono essersi partito Menesteo per andare a Troia colle Navi, e prima di lui
Teseo, quando andò per pagare la pena a Minoe della morte d'Androgeo; mà poiche Temistocle
fù Prencipe, parendogli ch'il Pireo fosse più comodo à Naviganti, e c'havesse tre Porti, in vece di quell'uno
del Falero edificò questo per ricetto delle Navi loro, e l'unì con muraglie lunghe trè miglia
continuate alla Città d'Atene, che si chiamavano Macrateichi, distrutte da Sylla, de quali tutta via
appariscono parte delle sue vestiggie. Al maggior porto del Pireo altre volte si vedeva il Sepolcro
di Temistocle; il luogo dedicato à Pallade, e à Giove; una loggia lunga dove si faceva la Piazza di coloro
ch'abitavano vicino al Mare, con molt'altre antichità, come si può leggere in Pausania.
Atene
Atene, chè Città antichissima della Grecia con titolo d'Archiepiscopale, e metropoli dell'Attica,
giace non lungi dalle spiaggie del Golfo d'Engia, parte del Mar Ionio, edificata dal Rè Cecrope,
che Cecropia la disse, e accresciuta in perfezione dal Rè Teseo, che l'aggrandì, obligando tutti
gl'Abitanti della Campagna à popolarla; Cecropia precisamente chiamasi la sua Cittadella,
alla quale dopo fu dato anch'il nome d'Acropolis: Questa è eretta sopra vivo sasso, ovunque
inacessibile, detratrone dalla parte d'Occidente, per dove envi l'ingresso: Da levante, e
mezzo giorno le muraglie formano la facciata d'un quadro; l'altre due accomodandosi alla
base formatagli dal medemo sasso, non riescono del tutto regolari, il circuito consiste in mille,
e duecento passi, al basso della Collina si scuoprono i vestigij d'alta muraglia, che girando
un tempo le radici della medema, tanto più rendeano difficultoso l'accesso. Li Soldati della
Guarniggione sono semplici paghe morte, che colle loro famiglie vivono anco in grembo
alla pace, gelosi di guerra, causa degl'insulti, a quali sogliono soggiacere, frequentemente inferitigli
da Corsari. E fraposta detta Cittadella quasi in egual distanza a due eminenze, una a Sud Ovest
detta Museum, chè della medema altezza della Cittadella in distanza d'un tiro di falconetto;
l'altra è il monte Achesmus impratticabile per il trasporto del cannone a fine di battere la Città, e
Cittadella; oltre che sopra di questa non evvi altra pianura; ch'una punta, sù la qual'è fabricata
la capella d'Agios Giorgios, ov'altre volte era statua di Giove, al Settentrione della Cittadella è posta
la Città, da quale in si fatta maniera vien coperta dalla parte del Mare, ch'a Naviganti sembra non esservi
altre Case, che quelle della Cittadella; perrciò molti, quali non hanno havuto curiosità di sbarcare
in terra, si sono persuasi esser tutta la grandezza d'Atene ristretta nel Castello; la situatione
della Città è molto vantaggiosa alla salute degl'Abitanti, perch'essendo il Clima caldo, segue
di grand'utile l'esser egli esposta alla Tramontana.
S'osservano con tuttociò nella medema gran numero di bell'antichità, trà quali vengono
considerate il Tempio della Vittoria d'Architettura Ionica, di presente fatto dà Turchi magazino per polvere.
L'Arsenale di Licurgo d'ordine Dorico, nel qual hoggidì, com'in deposito, vengono
custodite l'armi.
Il Tempio di Minerva pure d'ordine Dorico, ridotto quest'hoggi Moschea al culto di Meemet.
La Lanterna di Demostene, che serve d'hospizio a Padri Capucini.
La Torre ottogona de Veneti designata da Andronico Cireste riportata nell'Architettura di Vetruvio.
Il Tempio di Teseo.
I Fondamenti dell'Areopago, ecc.
E popolata da otto in nove milla habitanti, de quali tre parti sono Greci, gl'altri Turchi, c'hanno
quattro Moschee nella Città, una nel Castello. Quivi non sono tolerati gl'Hebrei, non essendo
gl'Ateniesi meno di loro accorti; onde corre il il proverbio. Dio ci guardi dagl'Hebrei di Salonichi,
dalli Greci d'Atene, e da Turchi di Negroponte.
Differiscono questi Greci nell'vestire da Turchi, mentre non portano, che vesti strette di color negro.
La Città è presentemente divisa in otto Quartieri, chiamati Platamota, che sono.
Placa.
Sotiras tu Cotaki:
Mono calustis.
Roumbi.
Boreas Platoma:
Psiri Platoma.
Gerlada.
Agioi Colymbti, o Olijmpoi.
Nella sua Campagna anticamente si numeravano 174 Villaggi, che si potevano uguagliare
per grandezza alla Città; hoggi il maggiore dell'habitato è ridotto nella pianura di Mesoia, ò Mesogia,
nella quale si contano li seguenti luoghi.
Mitropis.
Keratià.
Misochorì.
Chourades.
Elàda.
Marcopulo,
Cursala.
Phyglia, altre volte Philea.
Carelà.
Alodèki.
Cocla.
Balambafi.
Bourà.
Arvato.
Agoupi, quali quasi sono del tutto rovinati, e li chiamano col nome di Zeugalatia.
Pikervi.
Bafi.
Lecambasi.
Lambrianò.
Lambricà nella strada d'Atene à C. Celone Paleo Lambrica sono le rovine dell'antica Lampra.
Elimbò.
Egnaphyrghi.
Spitià.
Vràona.
Negl'altri Teritorij d'Atene.
Caramamet alli piedi del Monte Hymetto.
Maroùsi appresso Penteli deserto.
Calandri nella strada di Penteli.
Gisissià nella strada di Marathon altre volte Cephyssia.
Basicoumaria dietro Penteli.
Stamati, nella strada di Marathon rovinata à Negroponte.
Varnàda.
Limicò.
Calamò.
Marcopulo.
Appreso d'Atene per mezzo degl'olivieri.
Sepollià, ò Sopollia.
Mainidi.
Cacouànes.
Patischa.
Ambelòkipous nella strada di Penteli.
Callirhoe.
Madre del sapere, scola di Marte universal Accademia delle virtù fù questa Città,
che però divenuti rivali i Natij Regij nell'ambizione di comparire quivi all'eternità
caratterizati nel nome, leggevasi sopra sontuoso Palaggio in un lato. Questa è Atene,
qual'era Città di Teseo; nell'altro, quest'è la Città d'Adriano, non quella di Teseo.
Passò assieme cogl'anni al comando di varij Prencipi, perche moltiplici gl'accidenti, cosi la costrinsero.
Silla dopo haverla con lungo assedio tentata, si fece Padrone, all'hor che ritrovavasi
all'ubbidienza d'Aristonico Epicureo Filosofo Tiranno, fù trionfo di Baiazet II, indi ottenutala Renier
Acciaioli alla Republica Veneta la diede; ritornò non ostante de medemi Acciaioli, quali signoreggiano
l'Attica, e la Beotia.
Nel 1455, assediata da Meemet II fù dal detto presa per diffetto de soccorsi, da qual tempo
già mai dall'Impero Ottomano si disgionse.
Isola e Regno di Negroponte
Più grande, e più nobile trà l'Isole dell'Arcipelago fà pompa l'Isola d'Egriponte, ò più comunemente
Negroponte, e dalli Turchi
Egribos, li latini la chiamano , ò dalla figliuola d'Aspo, ò dal ricovero,
che quivi hebbe il figliuolo d'Inaco, quale partorì Epafo, che poscia fù convertita in Vacca; perciò dal suo
boato li Poeti la chiamorno Euboea; questa, che vanta il bel nome di Regno hebbe varie le
denominazioni ancora ne tempi andati, fù detta Macris dal Canale ch'in greco con questo nome s'appella; Abantias
dagli Popoli Abantidi Calcis e Chalcodantis, e Afopis secondo Plinio, e al riferire di Strabone Oche, e
Ellopia fù nominata da Ellope figliuolo di Giove; riportano molti che fosse tal'Isola unita alla Beotia,
poscia separata da terremoti, e second'altri dal rapido corso dell'onda, che formano
uno stesso Canale detto Euripo; 365 miglia circonda tutta l'Isola, che nella lunghezza da Scirocco a Maestro
90 miglia; nella larghezza 40 s'estende, non restringendosi meno, che 20 nel sito più angusto,
dove col beneficio d'un ponte alla Terra ferma s'unisce: la recingono due Promontori, uno detto Capo Lithar,
l'altro Capo dell'Oro; il primo,ch'è in prospetto del Golfo di Volo è da Tolomeo, e da Strabone detto Cenoeum
Promontorium; da Plinio con sola differenza di lettere Coeneum; da Nigro Canaia, a cui era vicina
la costa d'Artemisia, così chiamata dal Tempio, ivi eretto con lo stesso nome d'Artemisia; nel quale li
Greci tennero l'Armata navale nella Guerra con Xerse; il secondo, che riguarda la parte Orientale
dell'Arcipelago, dicesi dà Tolomeo Caphareum Promontorium; da Sosiano Chymium; da Nigro Capo Figera;
da Stefano Cathereus; da Lycophron Zarax; da Ifacius Xylophagos; nell'eminenza di questi per indicare
sicuro il porto all'armata de Greci retroceduta dalla guerra di Troia, accese Nauplio dominator di quel Regno
gran fuoco; fuoco che sommerse nell'acque què miseri, vendicando nelle sue fiamme le ceneri di Palamede;
la nobilitavano ne tempi andati molte Città, tra quali Ellopia, Histicea, e Oracus Cittadi, che per esser
errette in poca distanza, si ridussero in una.
La Città Metropoli dell'Isola di Negroponte, che prima fù Episcopale sotto l'Arcivescovo d'Atene, poi
Archiepiscopale, chiamòsi Calcide dalla lingua Ateniese, questa, che fu poscia col nome del Regno appellata,
e posta nel piano alle rive dell'Euripo; due miglia in circa recingono le di lei mura, non ostante però
s'osservano più alloggiamenti, e Gente ne Borghi dove solo sono Christiani, che nella Città abitata
tanto da Turchi, e Giudei, nella quale sono due Moschee, e due altre fuori, dove pure li Padri Gesuiti
possedono una casa per ammaestrare la Gioventù, numerandosi quivi incirca quindeci mille Abitanti.
Gran fossa disgionge da Borghi la Città, à cui com'à tutta l'Isola, ad'una parte della Beotia
comanda un Capitan Bacha, e in sua absenza un Luogotenente detto Kiaia, ò Suskiaia; v'è anco un Bey con qualche
assegnamento; mà con l'obbligo di mantenere una Galera. Dove l'Euripo maggiormente si restringe,
s'unisce la città a terra ferma per mezzo d'un ponte di pietra di cinque picciol'archi, che non sono che trenta
passi lunghi, quali conducono ad'una Torre fabricata da Veneti a mezzo il canale, dove sopra la porta è
ancor'intagliato un San Marco; altra Torre è alla porta della Città dove pur venti passi lungo v'è un altro ponte;
ma levatore per dar transito alle Galee; conservasi ancora la Città Episcopale di Caristo,
gia detta Chironia, chiamata da Strabone Caristus, e Caristos; da Sosiano Castel Rosso; da
Francesi Chasteaus roux, sotto l'Arcivescovo di Calcide, da cui è sessanta miglia distante, e è
appresso il Promontorio Casareo.
Eretria pur Città Episcopale, che da Moletio si chiama Rocho; fù a suoi tempi non men famosa,
che Calcide, altre volte Colonia degl'Ateniesi inalzata su le sponde dell'Euripe innanti la
prima rovina di Troia, perche non rimangono infine, che totalmente distrutti que' corpi, che si malignano
dal proprio sangue, doverono l'un, l'altra di queste Città da propri Abitanti tradite
rimaner all'ultimo dissipate, poscia che dopo fatto saccheggio, incendiole l'Armata di Dario,
sforzatele come prima ad'arrichir colle perdite, cosi poscia ad illustrar con i furori
l'inimico Persiano.
L'Isola è tutta sassosa, mà sotto Terra alquanto ha perfetto il terreno; tien'essa molte
Foreste per fare li Bastimenti. Vicino a Caristo ritrovasi un monte col nome medemo,
da cui si trae bellissimo marmo, in vicinanza del qual' è la pietra Amianto, che fà un filo,
come il lino, che gettato sul fuoco s'imbianchisse, e serve per formar tele.
Nel Territorio di Calcide v'erano le miniere del Rame, e di Ferro, al presente perdute;
produce l'Isola assaissimi Cottoni, sufficienti per provedere di Vele numerosa Armata;
vi sono molti bagni d'acqua calda; due fiumi Fimileo, e il Cereo l'ingrandiscono, come vogliono i Poeti,
fà nascere l'uno la lana nera, l'altro bianca alle Pecore, che bevono l'acque loro. E così
l'Isola nel tutto abbondante, che consigliò Pio V. molti Capitani ad'incominciar a combatter
il Turco in questo Regno sufficiente al mantenimento d'un Esercito intero, avendo anco per
altro buoni Porti alla parte del continente, al di fuori però non v'è luogo da potersi salvare.
Alla parte di Scirocco vi sono molti luoghi, il maggiore de quali è detto Spiritus.
Nel Dogato di Pietro Ziani fù insignito l'Impero Veneto da si fioritissimo Regno per la
concessione, che libera fece l'Imperadore di Costantinopoli in ricompensa de beneficij dalla
Republica ricevuti; nel che fù Pietro Barbo detto il Zanco mandato bailo.
L'aggredì nel 1469 circa il mese di Giugno armata Turca ascendente a 300 vele, nel che i
Difensori costrinsero il Nemico à retroceder alle Galee, impeditoli il campeggiar sul Territorio,
al cui effetto sù l'Euripo eretto haveasi un ponte. Nel fine del mese con 12000 Soldati
comparve Meemet, al di cui arrivo fabricosi nuovo ponte; che dalla Chiesa di San Marco sopra il
canale s'estese un miglio in circa distante dalla Città; per questa strada s'aperse l'addito
all'espugnazione di Negroponte debole, si per le fortificazioni della Città, perche fatte
all'uso di que' tempi, si perche i Cittadini habili all'armi con quelli della Guarnigione
non eccedevano il numero di ventiquattro mille. Disposte in più luogi molte artiglierie
battevano incessantemente le mura assediate, difese sotto il comando di Giovanni Bondulmiere,
di Lodovico Calbo, e di Paolo Erizzo, che quantunque terminato l'impiego di Bailo, diferì per
tal effetto la sua partenza; quattro furono gli assalti generali dati alla Piazza, ne quali
perirono quaranta mille Turchi; per lo spazio d'un mese la combattè l'Ottomano per mare,
e per terra, procurando anco la di lei perdita col tradimento scoperto da innocente fanciulla,
in una lettera da lei ritrovata, in cui confessava il Nemico di prescriver il modo à
Tomaso Schiavo, di render in ceppi quel Regno alla potenza Ottomana, perloche fù in publica
Piazza da Luigi Delfino, il traditore trucidato, costretto nelle moltiplicate ferite à
publicar con più bocche le di lui infamie.
Più sempre in tanto s'angustiavano gl'assediati per soccorrerli con quatuordeci legni, e
due Galee s'avanzò il General Canale à fronte dell'Armata Turchesca; mà alla di lei presenza
docè arrestar il soccorso; onde languenti non che per le ferite, che per la fame abbandonoro
i posti nell'hora seconda del giorno delli 12 Luglio 1469 quelli, che diffendevano la
Porta Bureliana.
Osservata da Nemici sfornita la mura, penetrorno per quella parte nel cuore della Città; il
Calbo restò ucciso nella Piazza, e in casa il Bondulmiero; e Paolo Erizzo, che ritirato in
luogo forte, bravamente si diffendeva: promessagli dal Sultano salva la vita con tal condizione
si rese; mà non riserbatali la fede, fù da una sega bipartito.
Ad'Anna sua figlia giovane di bell'aspetto perche non volle denigrar il candore della propria
virginitade, fu dalle mani dell'empio Meemet con sabla recisa la Testa, rimanendo cosi
imporporata nel proprio sangue, che seppe nell'hostil minaccie rappresentare trionfi; non
si perdonava in tanto la Vita à chi l'anno vigesimo sorpassava percomando dell'empio
Tiranno, che dopo effetti si barbari, lasciato nella vinta Città non ordinario presidio,
fece partenza.
Golfo e Dardanelli di Lepanto
Il Golfo, ch'in lunghezza di cento miglia scorrendo da Settentrione alle rive dell'Achaia, e
da mezzo giorno a quelle della Morea divide l'una dall'altra, tante ne riporta le denominazioni,
quanti n'apportò i motivi di diversamente chiamarlo; gl'antichi lo dissero Criaesus, Strabone
Mar d'Alcione, Sosiano Golfo di Pedras, alcuni Corintiacus Sinus dalla Città di Corinto; i
marinari al riferire di Nigro lo chiamano rive de la Dostrie; hoggidì comunemente di Lepanto
appellasi: Quattro scogli s'annumerano nel mezzo del suo seno, l'onda del Mar Ionio l'arricchisce
d'acque, havend'adito all'ingresso da bocca di competente larghezza, formatagli da due piccioli
promontorij, che spingendosi dal loro continente, scambievolmente s'oppongono, quello ch'esce
dalla Morea, Strabone lo dice Anthirium Promontorium, il volgo Capo Antirio, e ha sopra se l'erezione
d'un Castello, che pure di Morea, ò Patrasso si nomina; l'altro, che s'avanza dall'Achaia
parimente Strabone lo chiama Rhium Promontorium, volgarmente Capo Rhione, e Rione, provisto pur
egli d'altro Castello detto di Romelia. Altresì Dardanelli di Lepanto
s'appellano questi Castelli; ambi sono di quadrata struttura muniti di buone mura, e grosse
batterie a fior d'acqua, non considerandosi diffetto in ciascheduno, che nel terreno, qual
essendo arenoso, facilita nell'occasione all'Inimico gl'approcci: lo sbarco di milizie non
può farsi dalla parte di Romelia, ch'in distanza dalla Fortezza di due miglia Italiane, nulladimeno
con piccioli bastimenti se gli può accostare lungi soli quattrocento passi. Il terreno, over pianura
fin'alla collina è molto larga, verso il castello però và sempre più restringendosi; à piedi
del monte, evvi l'accennata collina, da qual'esce una gran Valle, per cui coperti, senz'esser offesi,
possono gl'Aggressori verso il Castello marchiare.
Tutte le mercanzie, che da questo Golfo escono, che sono Cuoia, Oglio, Tabacco, Riso, e Orzo, pagano
tre per cento di gabella all'Emin, qual esborsa sei milla piastre annue al Gran Signore.
S'adunavano quivi un tempo tutte le merci, che venivano da Ponente, come parimente quelle di
Levante introdotte per il Golfo d'Engia; oggidì è impedito l'ingresso à Navigli forastieri,
onde in caso di commerzio, si fermano questi a Patrasso,
e solo vi s'introducono la maggior parte Corsari, à causa di che vien detto Lepanto il picciolo
Algeri. Degl'Abitanti di quelle spiaggie ve ne sono quantità de Mori, ch'accasati, generano figli
negri, com'in Barbaria.
Lepanto
Lepanto dalli Latini detto Naupactus, dal Volgo Epactos, dalli Turchi
Einebachti, giace nella Livadia alle rive poco discoste dalla bocca del Golfo,
che di Lepanto pure si chiama quest'è Città Archiepiscopale situata d'intorno
à picciola Montagna di figura conica, nella di cui sommità evvi la Fortezza recinta
con quattr'ordini di grosse mura, separate da alcune Valli, ne quali vi dimorano
gl'Abitanti. Il suo porto non gira, che cinquecento piedi, e potrebbe chiudersi à catena,
non avendo la bocac larga, che cinquanta; onde non riceve, che parco numero di piccioli
Navigli, quali alle volte ne anco ponno uscirne, confinati dalla scarsezza dell'acque, e s'un tempo
vi si ricovrava colle proprie Galeote il famoso Corsaro Durach Bey, ciò riusciva per una
particolar vigilanza di mantenerlo netto. Quattr'erano quivi i Tempij all'Idolatria,
quando sussisteva il Gentilesimo, in ciascheduno de quali adoravasi un partcolar falso Nume,
cioè Nettuno, Venere, Esculapio, e Diana; ad Esculapio v'eresse colla machina gl'Altari
Falisio in adempimento del voto fatto, nel mentre soggiaceva à grave infermità degl'occhi;
ora soggetta agl'Ottomani vien governata da un Vaivoda, e vi sono sette Moschee, due Chiese
per i Greci, ch'ivi vivono abbietti, e vilipesi da que' barbari, e tre Sinagoghe per
gl'Hebrei; le delitie, che per la condizione del sito mancano à Cittadini dentro,
abbondano dalla natura, e dall'arte fuori nella parte di Levante vicino al Mare, ove sorgono
gran quantità d'acque, che dopo dato il moto a varij edificij di polvere, è coadivuto al lavoro
de marrocchini, frequente mercatura de Paesani, scorrendo à piedi d'una dozina
de Platani ben grandi, formano è per la vista, e per i freschi deliziosissimo posto;
s'estendono indi per què contorni vaghi giardini con folte riviere di Cedri, Limoni, e Aranci.
Il Territorio poi è al maggior segno fertile di Vini i migliori di tutta la Grecia. Non cedeva
facilmente à qualunque forza prima dell'uso del cannone; tributava nel 1408 al soglio della Grecia,
ne potendola sostenere Emanuel allora imperante, lasciòla alla Republica di Venezia; avuta
che l'hebbero i Veneti, la ridussero in stato di ben resistere a grossi bronzi: stancò
nel 1475, alla pugna un numero di trenta mille Turchi, costringendoli dopo continuato assedio
di quattro, e più mesi a vergognosamente partirsene: seguiva lieta all'ubbidienza del
comando Veneto, ne avrebbe cangiato un dominio si pio col tirannico giogo della Tracia,
quando nel 1498 combattendola per mare, e per terra munita di cento cinquanta mille
soldati Baiazet secondo, non l'avesse obbligata à farlo.
Conserva non ostante anco al presente indelebili gl'impronti di S. Marco non permettendo il
Cielo, che si cancellino le gloriose memorie di quest'invitta Republica, dove per l'honor
di Dio non solo profuse, mà è per spargere di nuovo il sangue.
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